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a se stesso, ch’è la via più certa, e più breve per mandar tutto in rovina.

A così fatto dicadimento si fece strada in più modi: Fin dall’ultime rivoluzioni Civili si trovò chi a suo particolar profitto, e non per beneficio pubblico la Cittadinanza cominciò a conceder per danari: di che si vede accusato Antonio in Sifilino.

Nacque tal abuso dall’autorità mal conceduta ai Presidi di conferirla, quando non avrebbe mai dovuto poter venire tal dono, se non dal Pubblico. Il prezzo però era grande, onde disse quel Tribuno a S. Paolo: a me questa Cittadinanza è costata una gran somma. In tempo di Claudio si diede per pochissimo, di che fu dileggiato da Seneca. Gran disordine fu questo, perch’essendo già Cittadinizzata l’Italia tutta, che bastava a difendersi da tutto il mondo, nè onesto era, nè utile il diffonderla in altri senza pubblico motivo. Ma ciò che diede l’ultimo crollo, e annullò, e confuse l’interna forza della Gerarchia Romana, si fu la Costituzione di Caracalla, con cui mandando del pari i meritevoli, e gl’indegni, diede per un sordido fin d’avarizia la Cittadinanza a tutti gli uomini liberi, che si trovavano dentro i limiti dell’Impero. Questa legge non