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82 le cerimonie


io qui son nato e qui, se piace al cielo,

debbo passare i giorni miei.
Camilla.   Signora
madre, sarebbe mai questo il figliuolo
di Leandro, ch’egli ha mandato a prendere
e che si stava di dí in dí aspettando?
Antea.   Da ver tu pensi bene; è facil cosa
ch’e’ sia, corrispondendo interamente
l’etá, ’l garbo che di lui si prèdica.
Signor mio, potrebb’egli essermi lecito,
però con tutte le riserve debite
e senza suo disturbo o pregiudizio
di quella stima grande ch’io professole,
il farle una richiesta?
Orazio.   Io non ci veggo
difficoltá veruna, dica pure.
Antea.   Strano parrá ch’io di saper desideri
le cose sue ed osi pur richiederla
di ciò che a me non s’appartien.
Orazio.   Che mai
vorrá saper costei? Si spieghi francamente,
ch’io le prometto rivelarle
tutti i segreti miei dal grande al piccolo.
Antea.   Per veritá è un avanzarsi troppo,
io ’l conosco e conosco la mia grande
ardimentositá.
Orazio.   Non lasci in grazia
d’ardimentositare a suo piacere,
e ormai non mi dia piú la corda.
Antea.   Io bramo
sapere di qual parte ella or si venga.
Orazio.   E ci voleano tutti quei preamboli?
Vengo di Francia.
Antea.   Ella dunque sará,
s’io non m’inganno, figliuol d’un mio
padron caro; sará il signor Orazio.