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atto quinto 71


SCENA VII

Polidoro, poi Merope, Egisto, Euriso con séguito d’altri.

Polidoro.   Senza del vostro alto, immortal consiglio

giá non veggiam sí fatti casi, o Dèi.
Voi dal cielo assistete. O membra mie,
perché non séte or voi quai foste un tempo?
Come pronto e feroce or io... Ma ecco...
Merope.   Sí sí, o messeni, il giuro ancora: è questi,
questi è il mio terzo figlio; io ’l trafugai,
io l’occultai finor; questi è l’erede,
questi del vostro buon Cresfonte è il sangue:
di quel Cresfonte che non ben sapeste
se fosse padre o re, di quel Cresfonte
che sí a lungo piangeste. Or vi sovvenga
quanto ei fu giusto e liberale e mite.
Colui che lá dentro il suo sangue è involto
è quel tiranno, è quel ladron, quell’empio
ribelle, usurpator che a tradimento
del legittimo re, de’ figli imbelli
trafisse il sen, sparse le membra; è quegli
ch’ogni dritto violò, che prese a scherno
le leggi e i dèi; che non fu sazio mai
né d’oro, né di sangue, che per vani
sospetti trucidò tanti infelici
ed il cener ne sparse, e fin le mura
arse spiantò distrusse. A qual di voi
padre o fratel, figlio, congiunto o amico
non avrá tolto? E dubitate ancora?
Forse non v’accertate ancor che questi
sia il figlio mio? sia di Cresfonte il figlio?
Se alle parole mie non lo credete,
credetelo al mio cor; credete a questo