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atto quarto 51


questa cittá cangiata, sì che quasi

io non mi rinveniva. Ottimo ancora
consiglio fu, cred’io, l’entrar notturno
e inosservato; ché in men nobil parte
pria celerommi e benché a pochi noto
ed a niun forse sospetto, pure
piú cauto fia nelle regali stanze
entrar poi di nascosto. Or qui ben posso
prender fra tanto alcun riposo.
  I’ veggio
un servo lá che dorme. Quella veste
strano risalto m’ha destato al core;
desio mi viene di vedergli il volto
ch’ei si copre col braccio. Ma udir parmi
gente ch’appressa; questa porta s’apre:
convien ch’io mi nasconda.

SCENA VI

Ismene, poi Merope.

Ismene.   Or se ti piace,

qui dunque attendi. A fé ch’io piú no ’l veggo
Ben in vano sperai che tener fede
ei mi dovesse e forse ancor piú in vano
mi lusingava che si sciocco ei fusse
di lasciarsi condur lá entro. Or dove
cercar si possa i’ non saprei. Ma taci,
Ismene, eccol sepolto in alto sonno.
Esci, regina, esci senz’altro; ei dorme
profondamente.
Merope   Ed in qual parte?
Ismene.   Mira,
vedi, se in miglior guisa e piú a tuo senno