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36 la merope


t’ergerò un tempio, in cui, finché lo spirto

reggerá queste membra, in qual mi porti
strania terra il destin, la tua memoria
e ’l beneficio tuo per te s’onori.
Ma tu torbida e in te raccolta ascolti,
se pur m’ascolti, né d’un guardo pure
mi degni: ingombrati forse alti pensieri
il regio seno e intempestivo io parlo.
Deh perdona il mio fallo e soffri ancora
ch’io di compir l’opra ti prieghi: intera
la libertá sospiro, i patri amati
lari tu sola puoi far ch’io riveggia
ed in te sola ogni mia speme è posta.

SCENA IV

Euriso, Ismene e detti.

Euriso.   Eccomi a’cenni tuoi.

Merope.   Tosto di lui
t’assicura.
Euriso.   Son pronto; or piú non fugge,
se questo braccio non ci lascia.
Egisto.   Come!
e perché mai fuggir dovrei? Regina,
non basta dunque un sol tuo cenno? Imponi,
spiegami il tuo voler; che far poss’io?
Vuoi ch’immobil mi renda? immobil sono.
Ch’io pieghi le ginocchia? ecco le piego.
Ch’io t’offra inerme il petto? eccoti il petto.
Ismene.   Chi crederia che sotto un tanto umile
sembiante tanta iniquitá s’asconda?
Merope.   Spiega la fascia, e ad un di questi marmi
Rannoda in guisa che fuggir non possa.
Egisto.   O ciel. che stravaganza!