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28 la merope


dopo sí lungo tempo aver sí fissa

d’un anello l’idea? Ma inoltre forse
non si pòn dar due somiglianti gemme?
Merope.   Che somigliar, che sbagli? Un lustro intero
portata ho in dito questa gemma; questo
fu il primo dono del mio sposo, e vuoi
che riconoscere or nol sappia? Pensi
tu ch’io sia fuor di senno? Ecco la volpe
ch’egregio mastro vi scolpí; con essa
spesso improntare il re solea.
Euriso.   Ma forse
smarrilla il vecchio in sí lungh’anni, e forse
involata gli fu.
Merope.   Non giá, che Arbante
custodita appo lui sempre la vide.
Euriso.   È forza di destino!
Ismene.   Il cor gliel disse.
Euriso.   Presentimento hanno le madri ignoto.
Merope.   Or che piú bado? E in questa vita amara
che piú trattienmi? Per tant’anni tutto
il nodrimento mio fu una speranza;
or questa è al vento, altro non resta: il figlio
mio non vedrò mai piú. Or Polifonte
regnerá sempre e regnerá tranquillo.
O ingiusti numi! Il perfido, l’iniquo,
il traditor, l’usurpator, colui
che in crudeltá che in empietá che in frode
qual si fu mai piú scelerato avanza,
questo voi proteggete, in questo il vostro
favor tutto versate e contra il sangue
del buon Cresfonte, contra gl’infelici
germi innocenti di scoccar v’è a grado
gli strali e duolvi forse ora che, omai
estinti tutti, ove scoccar non resta.
Euriso.   Il funesto, impensato, orribil caso
m’ha trafitto cosí, cosí m’ha oppresso