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332 dell’iliade di omero


i numi, né verun fermo l’attese,
ma incontrárlo ciascun. Quinci s’assise
egli sul trono; né a Giunon fu occulto,
675ché con la figlia del marino veglio
piéargentea Teti conferir consigli
aveal visto. Però pungenti a lui
tosto lanciò parole: — Or chi di nuovo
machine teco, o fraudolento, ordisce?
680Sempre t’è caro da me lungi occulti
tramar disegni, né tu a me giá mai
ciò che hai nel cor partecipar volesti. —
     Rispose il genitor d’uomini e dèi:
— Giunon, non isperare i miei pensieri
685di saper tutti quanti; ardui saranno
a scoprirsi da te, benché sii moglie.
Ciò che pur lice altrui d’udir, niuno
prima di te saprallo, uomo né dio;
ma ciò che divisar scevro dai numi
690piacerammi né chieder, né far pruova
d’investigar. — La maestosa allora
occhiampia Giunon: — Che parli (disse)
tremendo Giove? Or ben piú non m’inoltro,
né cerco piú; quanto t’aggrada in pace
695raggira, ma assai temo co’ suoi detti
non ti travolga del marino veglio
la figlia Teti piédargento, mentre
matutina a te venne e tue ginocchia
prese e dato le avrai segno, mi penso,
700Achille d’onorar e molta presso
l’argive navi di far strage. — A lei
Giove nubiadunante allor rispose:
— Mirabil diva, tu sospetti sempre
e tutto scuopri; né però sortire
705potrai l’intento, ma al mio cuore avversa
diverrai sempre piú, di che a te forse
danno verrá. Se come di’ sta il fatto,