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320 dell’iliade di omero


si trovi piú ch’osi agguagliarsi e meco
venire in paragon. — Cosi egli disse,
e dolor feri Achille e ne l’irsuto
petto gli stette ambiguo il cor, dal fianco
245se traendo omai fuor l’acuta spada
gli altri sgombrasse e trafiggesse Atride,
o se l’ira vincesse ed affrenasse
il suo desir. Mentre ciò volge in mente,
sguainava giá il ferro; ma vi accorse
250dal ciel Minerva, cui premise innanzi
la candida Giunon ch’ambo di core
amava e d’ambo cura avea. Si pose
dietro d’Achille e per la bionda chioma
il prese, da lui sol veduta e nulla
255 veggendo gli altri. Ebbe spavento Achille,
e rivolto, la dèa d’Atene a un tratto
riconobbe, cui splendidi fiermente
folgoreggiavan gli occhi. Allor nomolla
e disse: — O de l’Egioco Giove figlia,
260perché vieni? A mirar forse gli oltraggi
che Atride fa? Ma giá il ti dico (e certo
cosi avverrá) per la superbia sua
l’alma ei ci lascierá ben tosto. — A lui
l’occhiazzurra Minerva: — Io fin dal cielo
265per sedar l’ira tua, se m’avrai fede,
qua men venni e la candida Giunone
mi premise, ch’ambo ama e d’ambo ha cura.
Or t’arresta, né al ferro aspro dar mano,
ma parole di’ pur villaneggianti
270quante t’incontra. E ti vo’dire e tanto
avverarsi vedrai: superbi doni
ti verranno a tre doppi un di per questa
offesa, ma or trattienti e d’ubbidire
non ricusa. — Soggiunse allora Achille:
275 — Vostri detti osservar conviensi, o Dèa;
e bench’io sia forte crucciato, il meglio