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poesie varie | 279 |
II
Per la venuta a Roma de la regina di Polonia
nel 1699.
O de l’oblio nimiche
Dive, che i chiari nomi in guardia avete,
d’inni adorne e di cetre oggi scendete
su queste piagge apriche.
Si degno, alto soggetto
piú non v’accese il petto.
Sereno oltra il costume
per nuovi rai sul Tebro il di risplende;
ma qual, donna real, furor mi prende
in rimirar tuo lume?
Si gran cose i’ rammento
che a me rapirmi io sento.
Sorse l’infido impero
e pieni d’ira a noi gli occhi rivolse,
suo spietato furor tutto raccolse
e con empio pensiero
venne, che parve alato,
d’Africa e d’Asia armato.
L’improvviso torrente
d’alto mirando, impallidí la Fede.
Giá ruinava al suol l’augusta sede,
la gloria d’Occidente,
fra i singulti e fra ’l sangue.
Ma in quel momento corse
il rege invitto e a lei stese la mano;
cader si vide il folle orgoglio al piano
ed ella pur risorse.
Sono i perigli estremi
de l’alte imprese i semi.