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22 la merope


non patirá disagio? Quante volte

a l’altrui mense accosterassi, un pane
chiedendo umile? E ne sará fors’anche
scacciato, egli, il cui padre a ricca mensa
tanta gente accogliea. Ma poi se infermo
cade, com’è pur troppo agevol cosa,
chi n’avrá cura? Ei giacerassi in terra
languente, afflitto, abbandonato, e un sorso
d’acqua non vi sará chi pur gli porga.
O Dèi! che s’io potessi almeno ir seco,
parmi che tutto soffrirei con pace.
Ismene. Regina, odi romor; qua Polifonte
sen viene.
Merore.   Io mi sottraggo; Euriso, a core
ti sia cercar d’Adrasto.
Euriso.   Egli senz’altro
sará col re: tosto che il lasci, io pronto
l’afferro e il tutto esploro e a te ritorno.

SCENA III

Polifonte e Adrasto.

Polifonte.   Or dimmi: pârti che deponga omai

gli empi pensier la fluttuante ognora
cittá superba e ’l procelloso volgo?
Adrasto.   La turba vil, che peggiorar non puote,
odia sempre il presente e cangiar brama,
e ’l re che piú non ha, stima il miglior.
Polifonte.   Troppo è vero, e qualor le vie trascorro
io veggo i volti di livor dipinti
e leggo il tradimento in ogni fronte.
Adrasto.   Affretta, o re, queste tue nozze; affretta
di soddisfar con quest’immagin vana
di giustizia e di pace il popol pazzo.