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a suo marito?

Auso.   Eh, vuol dir pregiudizio.
Alfonso.   Ma pusserá per me.
Anselmo.   Puzzerá egli,
quest’asino.
Aliso.   Io mi cavo, e me la colgo.
Alfonso.   Gliene terrò serio discorso súbito,
che lo vedrò installata.
Anselmo.   In stalla andranno
i suoi pari, e non io.
Alfonso.   Che se avvenisse
di dover per ciò far piccoli viaggi,
io darò quanto occorre, e le darò
buone botte.
Anselmo.   A me bòtte?
Alfonso.   E per vincere
ogni difficoltá e far restare
addietro chi si sia, basta ch’io metta
mano alle mie pistole.
Anselmo.   O bella via
per ottenere impieghi! e come salta
sempre di palo in frasca! e qual giudizio
parlarmi or di tai cose! Orsú spicciamola,
io non ne voglio sentir piú. Prendete,
signor mio, quella strada che vi piace,
ch’io non mi sento di dar mia figliuola
a chi l’annoierebbe di continuo
con parlar cosi strano e da lei
tanto aborrito.
Ersilia.   O lodato il ciel; vi rendo
grazie infinite, amato padre.
Anselmo.   A Mario
che vi brama e vi chiede io voglio súbito
concedervi; il suo aver da giorni in qua,
per la lite che ha vinta, s’è accresciuto.
Ora per ogni conto è buon partito.