Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/20

14 la merope


e non per altro, il fo; poiché, se scopro

che sì gran preda hai fatto, il tuo delitto
troppo si fa palese, anzi s’aggrava
di molto, perché appar ch’uom d’alto grado
fu l’ucciso da te.
Egisto.   Tu pur se’ fisso
in voler ch’involata io m’abbia quella
scolpita pietra; ma t’attesto ancora
che dal mio vecchio padre in dono io l’ebbi.
Credilo e sappi ch’io mentir non soglio.
Adrasto.   Veggo piú tosto che mentir non sai;
non mi dicesti tu che il padre tuo
in fortuna servil si giace?
Egisto.   Il dissi
e ’l dico.
Adrasto.   Or dunque in tuo paese i servi
han di codeste gemme? Un bel paese
fia questo tuo; nel nostro una tal gemma
ad un dito regal non sconverrebbe.
Egisto.   A ciò non so che dir, né del suo prezzo
piú oltre i’ so; ma ben giurar poss’io
che, non ha ancor gran tempo, il giorno in cui
compiea suo giro il diciottesim' anno,
chiamommi il padre mio dinanzi a l’ara
de’ domestici dèi; e qui, piangendo
dirottamente, l’aureo cerchio in dito
mi pose e volle ch’io gli dessi fede
di custodirlo ognora. Il sommo Giove
oda i miei detti, e se non son veraci,
vibri sue fiamme ultrici e in questo punto
m’incenerisca.
Adrasto.   Un’arme è il giuramento
valida molto e ch’adoprata a tempo
fa bellissimi colpi; ma tu ancora
non sai che meco non ha forza alcuna.
Or lasciam queste fole; il punto è questo: