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128 le cerimonie


portate da Parigi, mi descrisse

distintamente questa, e però quando
il regalo è venuto, ho ricercato
súbito del ventaglio. Ma potea
ben cercarlo, ecco che strada avea fatto.
Massimo.   O che mi dite mai! Qual cosa scopro!
Aureli a.   Eh non importa, non importa.
Massimo.   Importa
benissimo. Ora intendo le freddezze
di questa frasca onde nascono. Or sappia,
signorina, che quel ventaglio ha tanta
virtú ch’a me ancor, benché non l’abbia
in man, fa freddo non che fresco e mi
guarisce del gran caldo ch’io avea intorno
per amor suo.
Camilla.   Avrebbero il folletto
costoro per saper com’io l’ho avuto?
Aureli a.   Signor zio, non facciam qui gazanate;
andiamo in casa e quando arriverá
Leandro, licenziamolo; cosí
faccia lei con Antea; in questo modo
saran pagati ambedue come meritano.
Massimo.   Voi parlate benissimo, andiam pure.
Camilla.   Questo è un cerimonial che non mi hanno
mai piú fatto; è chiarissimo però
ch’essi ben sanno chi m’ha regalato il
ventaglio, né da altri certo possono
averlo mai saputo che da Orazio
istesso. O traditor! si prende spasso
di me e mi mette in favola. Se viene
a parlarmi stasera, come ha detto,
lo tratterò come merita. Vispo,
andiamo, ché tu possa tornar tosto
per la signora madre.
Vispo.   Che vuol dire
ch’é rossa come un gallo?