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xviii prefazione

piano di Asiago, di cui così spesso parlarono i bollettini ufficiali, la distruzione dei forti di Luserna, di Busa Verle, di Spitz Verle, la presa del monte Pasubio, dominante la Vallarsa e la Val Pòsina, la presa del Civaron, dell’Armentera, del Salubio, in Valsugana, e l’azione attuale sugli altipiani di Lavarone e di Folgaria, sono tutte fasi della nostra opera ardita e incessante di consolidamento, di arginatura, di chiusura. Le posizioni che ci minacciavano sono nelle nostre mani, con le loro strade militari, le loro basi, i loro appostamenti. Siamo noi che battiamo al di là e portiamo la minaccia su Rovereto e verso Trento.

Anche la questione di uno sfondamento delle nostre difese verso Arsiero era di quelle che durante la pace angosciavano lo stato maggiore italiano. Delle manovre parziali erano state più volte eseguite per studiare la possibilità di impadronirsi rapidamente del Pasubio, il cui possesso avrebbe solo potuto consolidare la difesa sopra un importante settore. I resultali delle manovre erano scoraggianti. Quella alta montagna, il cui declivio era italiano e la cui vetta era austriaca, appariva inespugnabile. Ed è stata conquistata, e su di lei è imperniata la nostra fortunata azione iniziale.