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276 xvii - rime varie o di dubbia autenticitá

4

     Le labbra rosse paion di corallo,
ed havvi drento due filar di denti,
che son piú bianchi che quei di cavallo,
e d’ogni lato ella n’ha piú di venti.
Le gote bianche paion di cristallo
sanz’altri lisci, ovver scorticamenti,
ed in quel mezzo ell’è come una rosa,
Nel mondo non fu mai sí bella cosa.

5

     Ben si potrá tener avventurato
chi sia marito di sí bella moglie;
ben si potrá tener in buon dí nato
chi ará quel fioraliso sanza foglie;
ben si potrá tenersi consolato
che si contenti tutte le sue voglie
d’aver la Nencia e tenersela in braccio,
morbida e bianca, che pare un sugnaccio.

6

     Io t’ho agguagliata alla fata Morgana,
che mena seco tanta baronia:
io t’ho assomiglio alla stella Diana,
quando apparisce alla capanna mia:
piú chiara se’ che acqua di fontana,
e se’ piú dolce che la malvagía;
quando ti sguardo da sera o mattina,
piú bianca se’ che il fior della farina.

7

     Ell’ha due occhi tanto rubacori,
ch’ella trafiggere’ con essi un muro.
Chiunque la ve’, convien che s’innamori;
ell’ha il suo cuore, piú che un ciottol, duro,
e sempre ha seco un migliaio d’amadori,
che da quegli occhi tutti presi fûro;
ma ella guarda sempre questo e quello
per modo tal, che mi strugge il cervello.