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— O allora? — fece la Gemma sgomenta. — Capirà, signorina, che io non posso regalare alla mamma una trombettina o una palla di gomma elastica!

— È vero anche codesto, rispose la maestra sopra pensiero. Poi, a un tratto, come colpita da un’idea improvvisa:

— Perchè, ora che sai far la maglia discretamente, non le regali un paio di calze, fatte con le tue mani?

— Un paio di calze! ripetè la Gemma, allungando il labbro di sotto con un visibile segno di disgusto. — Non le pare un regalo troppo... troppo rozzo?

— No, rispose con serietà la maestra, no, fanciulla mia: quando un regalo, per modesto che sia, è offerto col cuore, non c’è rozzezza che tenga. Eppoi s’io fossi una mamma, preferirei che la mia figliuola, prima di applicarsi a dei gingilli eleganti ma inutili, si addestrasse nei lavori necessari.

— Facciamo dunque le calze! disse la Gemma, che poi in fondo era una bambina assai docile. Crede però che i soldi sieno sufficienti?

— Mi pare. Cinque once di cotone a quindici centesimi l’oncia, fanno per l’appunto settantacinque centesimi.

La Gemma battè le mani della contentezza e fece subito comprare il cotone.