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qualche cosa che diletti e piaccia al gusto. E se infra tutti i poeti, che io ho letti mai, è alcuno il quale facesse bene questo uffizio, egli è uno il nostro Dante, e massimamente in questa sua opera, così nel tutto, come nelle parti. Ma perchè del tutto vi fu parlato da me a bastanza in quei pochi preambuli che io feci nel principio delle mie lezioni, lascerò per ora il più trattarne da banda, e così ancor similmente delle altre parti; e verrò al testo che io ho a esporre oggi. Nel quale il Poeta, avendo descritto inanzi con tanta arte e ornamenti poetici il sito, la pena de' golosi e la qualità di Cerbero, demonio lor tormentatore e gastigatore, discende ora a narrare quel che di poi avvenisse loro, e particularmente quel che facesse esso Cerbero, subito ch'egli gli vide apparire e scendere in questo cerchio. Ove chiamandolo egli il gran verme, o per istar sotto la terra, come stanno comunemente i vermini, o perchè questo appetito del mangiare e del bere rode chi gli è sottoposto, come fanno i vermini le erbe o i frutti (e nascono oltre a di questo comunemente i vermi di cose putride, delle quali abbondono i golosi), dice, come subito ch'egli gli vide, egli cominciò a scontorcersi e a muover stranamente tutte le sue membra, e che egli infra gli altri suoi gesti aperse la bocca, e mostrò loro le sanne;