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vincia di Bergamo meglio che alcun’altra provincia del Regno, meglio che il molto affaccendarsi di alcuni che mostrano di voler giovare alla provincia ed alla città di Bergamo per giovare a sè”.

E l’altro di non avere stampato il Progetto contemporaneamente alla mia Memoria del 20 giugno, onde servire di appoggio e di ulterior prova ad alcune delle cose in essa Memoria allegate.

Quella frase che mostrano di voler giovare, ecc., non contiene sicuramente una menzogna, ma dichiaro che io non ho mai pensato di dirigerla ai signori Bergamaschi, e confesso che la mi è sfuggita dalla penna, e che non l’avrei lasciata correre, se corsa che mi fu me ne fossi accorto. Ma voi sapete con quanta fretta io dovetti scrivere quella povera Memoria, e con quanta fretta si dovette stamparla perchè giungesse al pubblico prima del congresso degli azionisti.

Fatta ragione al loro giusto lagno bisogna poi dire, perchè lo esige giustizia, che anche essi avevano scritto, e senza fretta, cose amare e false contro di me, e contro la Direzione della Società.

Dissero a Sua Maestà, e vedete a chi! nel loro ricorso dell’anno 1838:

“Così soffra la clemenza della M. V. che brevemente versando intorno a ciò si ponga in chiaro così il procedere poco sincero della opposta parte, come l’impossibilità di tenere l’offerta tanto in arte come sotto la vista di mezzi economici”.

Questa offerta era quella della diramazione da Treviglio a Bergamo tanto poco impossibile che il progetto è fatto, che la concessione provvisoria è ottenuta.

“E primieramente parlando delle difficoltà tecniche se il sig. ingegnere Milani in una linea di circa 30 miglia riteneva impossibile, coi mezzi dei motori ordinarj superare l’elevazione di metri 114 circa cui questa nostra città trovasi in confronto a Milano, chi non vede come tale difficoltà crescerebbe a mille doppi, volendosi vincere in una linea di sole