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Mio caro B,

Verona, 21 dicembre 1840.


Ho letto l’ultima Memoria dei signori Bergamaschi intitolata:

“Nuovo esame della questione sul modo migliore per congiungere la città di Bergamo alla grande strada ferrata Lombardo-Veneta”.

Essa non confuta minimamente la mia Memoria del 20 giugno p. p., e ciò è tanto vero che anche gli autori della Memoria suddetta, scorgendo benissimo che questo fatto non poteva sfuggire al lettore cercarono di scusarsene alla meglio là ove nel Capo primo vanno dicendo:

“Che se di tal guisa noi non avremo seguìto materialmente l’autore delle due Memorie in tutte le sue proposizioni ed argomentazioni con minuziose parziali confutazioni non per questo avremo mancato di sostenere il nostro assunto contro quello del nostro oppositore, ecc.”.

Quel nuovo esame è una copia di quanto i signori Bergamaschi avevano stampato sul proposito della strada di ferro da Venezia a Milano nelle loro tre Memorie degli anni 1837–1838.

Parlano di Bergamo, di Bergamo soltanto come se dopo Bergamo non vi fosse null’altro al mondo: esclamano che sono posti fuori della sfera di attività della strada di ferro Ferdinandea Lombardo-Veneta, e per dare a questo una apparenza di verità vanno dicendo che la diramazione da Treviglio a Bergamo è una cosa impossibile, o se pur possibile inutile.

In quel nuovo esame, di nuovo e di giusto non vi sono che due dei molti rimproveri che mi danno

Quello per la frase contenuta alla fine dal paragrafo 65 della mia prima Memoria ch’è così espresso:

“65. Quindi la Società Lombardo-Veneta accusata pubblicamente di voler sacrificare la provincia di Bergamo e la città di Bergamo serve colla propria strada di ferro la pro-