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76 i - versi


e ambasciato e sudato,
e stese fortemente ambe le braccia,
perir vedrotti, ch’io nulla non posso
90a contrastarlo, e ’l fiato
tardar che da’ tuoi labbri in fuga è mosso.

     Dunque, o donna, morrai?
Sì certo, sì, né cosa altra mi resta
se non che moribonda io la consoli.
95O cara mia, confortati: se mai
tua gente e me con lei tutta funesta
vorrà far Dio, ripiglia cor: natura
n’ha fatti a la sciaura
tutti quanti siam nati. Anima mia,
100non pianger: gli occhi gira;
qual puoi veder che misero non sia?
Ben che ti par, non ti verrà trovato.
Or poi che si sospira
e piange invano, offriamci al nostro fato.

     105Vero è che la fortuna
è teco piú spietata che non suole,
che ’l fior di giovanezza ti rapisce:
pur datti posa; han di piacere alcuna
sembianza i mali estremi. Or vedi, il sole
110non andrà molto ch’io sarò sotterra,
che se ’l veder non erra,
anche a me breve corso il ciel misura;
e pur di mia giornata
son presso all’alba, né di morte ho cura,
115che qual mai visse piú, quei visse poco;
e chi diritto guata,
nostra famiglia a la natura è gioco.

     Ma questo ti conforti
sopra ogni cosa, ch’innocente mori,