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INNO A NETTUNO
Γεράων δὲ θεοῖς κάλλιστον ἀοιδή
Teocrito, Idillio 22, verso ultimo.
Lui che la terra scuote, azzurro il crine,
a cantare incomincio. Alati preghi
a te, Nettuno re, forza è che indrizzi1
il nocchier fatichevole che corre
5su veloce naviglio il vasto mare,
se campar brama dai sonanti flutti
e la morte schivar: che a te l’impero
del pelago toccò, da che nascesti
figlio a Saturno, e al fulminante Giove
10fratello e al nero Pluto. E Rea, la diva
dal vago crin, ti partorí, ma in cielo
non giá: ché di Saturno astuto nume
gli sguardi paventava. Ella discese
a la selvosa terra il petto carca
15d’acerba doglia, e scolorite avea
le rosee guance. Mentre il sole eccelso
ardea su le montagne i verdi boschi,
e sul caldo terren s’abbandonava
l’agricoltor cui spossatezza invaso
20avea le membra (poi che di Seméle
dal sen ricolmo nato ancor non era
il figlio alti-sonante, ed a gl’industri
mortali sconosciuto era per anche