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. — 343 — Pel concetto espresso da Simonide e in parte ripreso dal L. nel Dlal. di un venditore di almanacchi e di un passeggere, cfr. Zibaldone, 111, 223; IV, 164 c VII, 69-70. Riferirò un solo di questi lunghi, dove più s’irrigidisce l’idea dell'impossibilità di scompagnare la vita dalla speranza: «L’uomo senza la speranza non può assolutamente vivere, come senza amor proprio. La disperazione medesima contiene la speranza, non solo perché resta sempre nel fondo dell’anima una speranza, un’opinione, direttamente o quasi indirettamente ovvero obliquamente contraria a quella eh'è l'oggetto dell* disperazione, ma perché questa medesima nasce ed è mantenuta dalla speranza o di soffrir meno col non ¡sperare né desiderare piti nulla ; e forse anche con questo mezzo, di goder qualche cosa; o di esser più libero e sciolto e padrone di sé e disposto ad agire a suo talento, non avendo più nulla da perdere, più sicuro, anzi totalmente sicuro in mezzo a qualunque futuro caso della vita ec. ; o di qualche altro vantaggio simile; o finalmente, se la disperazione è estrema ed intera, cioè su tutta la vita, di vendicarsi dilla fortuna e di se stesso, di goder della stessa disperazione, della stessa agitazione, vita interiore, sentimenti gagliardi ch’ella suscita ec. Il piacere della disperazione è ben conosciuto, e quando si rinunzi alla speranza e al desiderio di tutti gli altri, non si lascia mai di sperare e desiderar questo » (IV, 223-4). Pag. 152,2 - Cfr. DANTE, Inf. IV, 91 : « Ciascun meco si conviene I Nel nome, che sonò la voce sola ». Pag. 152, 22 - TASSO, Aminta 11, 2 : « Il mondo invecchia | e invecchiando intristisce »; e METASTASIO, Demetrio, II, 8: « Declina il mondo e peggiorando invecchia » ecc. Cfr. ORAZIO, Od. Ili, 6: « Damnosa quid non imminuit dies ? | Aetas parentum peior acis tulit | Nos nequiores, mox daturos | Progeniem oitiosiorem ». Pag. 153, 3 - « Quid autem interest ab iis, qui postea nascentur, ser- monem fore de te, cum ab iis nullus fuerit, qui ante nati sunt ? qui nec pauciores et certe meliores fuerunt viri, praesertim cum apud eos ipsos, a quibus audiri nomen nostrum potest, nemo unius anni memoriam consequ i possit » (ClCER. De re pubi. VI, 21) : parole che il Leopardi 1’ I I febbr. 1821 aveva tradotte nel suo Zibald., Il, 109 cosi: « Che rileva adunque che tu sia famoso tra coloro che nasceranno, se fosti ignoto a coloro che nacquero prima ? (tra coloro, o quei che verranno, se fosti ignoto a coloro, o quelli che furono ?) 1 quali non cedono alla posterità rispetto al numero, e indubitatamente la vincono rispetto alla virtù. (Il numero dei quali non cede a quello de’posteri e la virtù indubitatamente prevale, senza fallo prevale)». Pag. 155, 11-12 - I commentatori si meravigliano in coro di questa domanda del L., sia che questi qui si riferisca a’ propri tempi, sia che pensi piuttosto ai tempi del Parini, e ricordano che è del 1793 la pubblicazione delle