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321 Pag. 24, IO - Cfr. DANTE, Inf. XVI, I : « Già era ia loco ove s’udia 1 rimbombo | Dell’acqua che cadea nell’ altro giro, | Simile a quel che l’arnie fanno rombo ». Pag. 24, 14 - Potrà estere circa a due secoli aveva detto prima Jell’ ed. napoletana del’35: e questo tempo in cui, secondo il Leopardi, poteva dirsi che fosse decaduto ogni vigore di vita umana, coincide press* a poco con i’ età del Tasso, che nella canz. Ad A. Mai segna 1’ ultimo confine iella vita italiana (vv. 151*3): c Da te fino a quest’ora uom non è sorto, O sventurato ingegno, | Pari all* italo nome ». E I* Alfieri < 1’ Allobrogo feroce » non interroir.peva (ivi, 155-7), agli occhi del L., la secolare decadenza del popolo italiano, a cui egli propriamente pensava, sentendo quanta nebbia di tedio incombeva sull’ età sua ; e scriveva al Brighenti il 28 agosto 1820 : « Dite benissimo dei nobili, che sono il corpo morto della società. Ma pur troppo io non vedo quale si possa chiamare il corpo vivo oggidì, perché tutte le classi sono appestate dall’ egoismo distruttore di tutto il bello e di tutto il grande; e il mondo senza entusiasmo, senza magnanimità di pensieri, senza nobiltà di azioni, è cosa piuttosto morta che viva ». Cfr. La sera del di di festa, 33-8. % Pag. 24,21 - Secondo la favola narrata da OVIDIO, Met. I, 452: quasi gli uomini si fossero ridotti a solo vegetare. Pag. 25, 4 - Epimenide (secondo DIOGENE LAERZIO, I. IO, trad. Lechi) « mandato una volta dal padre in villa per una pecora, declinando in sul mezzo giorno dalla via, dormi cinquantasette anni in una grotta. Svegliatosi cercava dopo la pecora, pensando di aver per poco dormito ; e non rinvenutala, ritornò alla villa ; ma trovandovi ogni cosa mutata d’ aspetto ed i beni in possesso d’ un altro, tutto dubbioso venne di nuovo in città. Ivi, entrar volendo in sua casa, s* abbattè in alcuni i quali gii dimandaro chi fosse ; sino a che scontrato il fratello più giovine, allora già fatto vecchio, tutta da lui apprese la verità ». Pag. 25,23 - Ercole appunto avrebbe combattuto col leone della selva Nemea. Pag. 26,7 - La palla infocata di Giove è il fulmine, con cui questi colpi Fetonte, figlio di Apollo, che non sapeva guidare il carro del Sole. Pag. 26, 11 - Cfr. ORAZIO, Art. poet., 390-99. Pag. 26, 16 - Fare alle castelline, ossia al giuoco dei fanciulli, che fanno mucchietti di noci o nocciuole, per tirarvi poi a disfarli. Pag. 10-11 - Cfr. anche Paralipomeni, VII, 32-33. Era già opinione degli antichi: vedi p. e. VlRG, fin. Ili, 414. Pag. 72, 18 - Garbino, libeccio; da Garbo, come fu detto nel M. E., una parte del Marocco. Pag. 27, 20 21 - Di vento cioè (di vanità) si pascono gli uomini. Leopaid