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152 — guita di luogo in luogo, in ultimo non avendo più dove riposarsi in tutto lo spazio della vita, non perciò vien meno, ma passata di là dalla stessa morte, si ferma nella posterità. Perocché 1’ uomo è sempre inclinato e necessitato a soste- 5 nersi del ben futuro, cosi come egli è sempre malissimo soddisfatto del ben presente. Laonde quelli che sono desiderosi di gloria, ottenutala pure in vita, si pascono principalmente di quella che sperano possedere dopo la morte, nel modo stesso che niuno è cosi felice oggi, che disprez- 10 zando la vana felicità presente, non si conforti col pensiero di quella parimente vana, che egli si promette nell’ avvenire. , CAPITOLO UNDECIMO. Ma in fine, che è questo ricorrere che facciamo alla posterità ? Certo la natura dell’ immaginazione umana porta ¡ 15 che si faccia dei posteri maggior concetto e migliore, che non si fa dei presenti, né dei passati eziandio; solo perché degli uomini che ancora non sono, non possiamo avere alcuna contezza, né per pratica né per fama. Ma riguardando alla ragione, e non all* immaginazione, crediamo noi ■! 20 che in effetto quelli che verranno, abbiano ad essere migliori . dei presenti? Io credo piuttosto il contrario, ed ho per veridico il proverbio, che il mondo invecchia peggiorando, ij Miglior condizione mi parrebbe quella degli uomini egregi, 4-5 AMF sostentarsi — 8 A morte — I I A vana — 13 A fine — 14 AMF della — 16 A eziandio, — 17 A »ono — 19 AMF alla 4 inclinato a pntce(rsi) — 5 bene — 9 felice che — 10-11 si compiaccia nel pensiero — 14-21 Crediamo noi che gli uomini che verranno [Certo, non potendosi né per pratica né per fama avere alcuna contezza di quello che ancora non è — Certo la natura (,..)] — 16-17 perché né per pfati< a né per fama, non si ha nesuuna contezza degli uomini che ancora non sono) — 21 piuttosto peggiori — 23 la nostra — uomini grandi —