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262 sopra lo stato presente

dalla mancanza di sensazioni che la trasportino qua e lá, fanno che all’ultimo si dá peso a menomissimi oggetti, e molto piú che non si dava e che gli altri non dánno nel mondo a oggetti molto maggiori (o cosí detti), e vi si pone tanta cura che finalmente essi riempiono tutto il tempo, ed occupano la vita, e alcune volte eziandio d’avanzo. L’esperienza lo prova a quelli che hanno potuto farla in sé o in altri1. Ma la detta dissipazione continua senza societá, quella che forma la vita degl’italiani non bisognosi, è priva degli aiuti della lontananza, priva delle risorse interne dell’immaginazione e dell’animo, per esser dissipazione e per aver sempre la realtá sotto gli occhi; e priva da altra parte de’ soccorsi esterni della immaginazione, e di cose al di fuori che mantengano o rialzino le illusioni, perché come trovarle fuor della societá2 . Per que-

  1. La solitudine rinfranca l’anima e ne rinfresca le forze, e massime quella parte di lei che si chiama immaginazione. Ella ci ringiovanisce. Ella cancella quasi o ristringe o indebolisce il disinganno, quando abbia avuto luogo, sia pure stato interissimo e profondissimo. Ella rinnuova la vita interna. In somma, bench’ella sembri compagna indivisibile e quasi sinonimo della noia, nondimeno per un animo che vi abbia contratto una certa abitudine, e con questa sia divenuta capace di aprire e spiegare e mettere in attivitá nella solitudine le sue facoltá, ella è piú propria a riconciliare o affezionare alla vita che ad alienarne, a rinnovare o conservare o accrescere la stima verso gli uomini e verso la vita stessa, che a distruggerla o diminuirla o finir di spegnerla. E ciò non per altro se non perché gli uomini e la vita sono lontani da lei, giacché ella affeziona o riconcilia propriamente e piú particolarmente non alla vita presente, cioè a quella che si mena in essa solitudine, ma a quella del mondo che s’è abbandonata intermessa con disgusto. Vedi i miei Pensieri, pp. 678-83, 717, capoverso 3.
  2. Oltre di ciò questa tal dissipazione naturalmente annoia sopra ogni cosa (forse piú della stessa solitudine disoccupata, perché è priva della vita interna dell’animo che in questa si trova): e certo nella vita disoccupata e senza grandi fini o interessi, come senza bisogni, non v’è cosa piú capace di riempiere il tempo senza noia, o con meno noia, che la societá stretta, e massime la buona societá, sí per sé stessa, sí in sé stessa per gl’infiniti e grandissimi effetti ch’ella produce fuor di sé, per gli studi e le cure ch’ella rende necessarie o promuove, capaci non pur di dare da passare il tempo, ma di occupare totalmente e veramente la vita. Perciò gli stranieri non bisognosi e non occupati s’annoiano assai meno di noi, e gl’italiani dello stesso genere s’annoiano sopra tutti gli altri viventi per quasi tutta la loro vita. È dunque chiaro che essi debbono far conto d’essa vita assai men degli altri, praticamente parlando, ed esserle meno affezionati, poiché, in sostanza, essa non è per loro assolutamente altro che pura, infinita, profondissima e pesantissima noia, sbadiglio e letargo.