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manuale di epitteto - xlvii-li 109

[XLIX]

Quando alcuno si vanterá o si terrá d’assai per sapere intendere o poter dichiarare i libri di Crisippo, di’ teco stesso:

se Crisippo non avesse scritto oscuro, costui non avrebbe di che gloriarsi. Ma che è poi veramente quel che io desidero? intender la natura e seguirla. Cerco dunque chi sia quello che me la interpreti. E sentendo essere Crisippo, vo a lui. Ma non intendo il suo scrivere. Cerco dunque uno che me lo esponga. E fin qui non ci ha materia veruna di gloriarsi. Trovato lo spositore di Crisippo, resta ch’io metta in pratica gli ammaestramenti ch’io ricevo. E in ciò solo consiste quel che fa onore. Ma se io invaghirò della facoltá medesima della interpretazione, che altro mi verrá fatto se non che io diverrò un grammatico anzi che un filosofo? salvo che invece di Omero, chioserò Crisippo. Piuttosto dunque, se uno mi dirá: ‘leggimi Crisippo’ egli mi conviene arrossire, quando io non possa mostrare i fatti concordi e somiglievoli alle parole.

[L]

Ciascun proponimento che tu farai vuolsi osservare e mantenere come se fosse una legge e un punto di religione. Che che poi si dica di te il mondo, non vi por mente, poiché questa parte non è in tuo potere.

[LI]

In che tempo dunque ti riserbi tu ad aspirare ai maggiori beni dell’uomo, e ad osservare in che che sia la regola che distingue le cose nostre e le esterne? Tu hai pur avuti i documenti che erano da meditare e quasi da conversare con essi; tu gli hai meditati e usato con esso loro: che maestro aspetti tu anco, sotto la cui disciplina tu intenda di voler dare effetto alla riforma di te stesso? Tu non sei piú mica un fan-