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frammento apocrifo di stratone di lampsaco | 165 |
quale opera in diversi casi diversamente. Queste forze adunque,
o si debba dire questa forza della materia, movendola,
come abbiamo detto, ed agitandola di continuo, forma di essa
materia innumerabili creature, cioè la modifica in variatissime
guise. Le quali creature, comprendendole tutte insieme, e considerandole
siccome distribuite in certi generi e certe specie,
e congiunte tra sé con certi tali ordini e certe tali relazioni
che provengono dalla loro natura, si chiamano mondo. Ma
imperciocché la detta forza non resta mai di operare e di modificar
la materia, però quelle creature che essa continuamente
forma, essa altresí le distrugge, formando della materia loro
nuove creature. Insino a tanto che distruggendosi le creature
individue, i generi nondimeno e le specie delle medesime si
mantengono, o tutte o le piu, e che gli ordini e le relazioni
naturali delle cose non si cangiano o in tutto o nella piú parte,
si dice durare ancora quel cotal mondo. Ma infiniti mondi,
nello spazio infinito della eternitá, essendo durati piú o men
tempo, finalmente sono venuti meno, perdutisi per li continui
rivolgimenti della materia, cagionati dalla predetta forza, quei
generi e quelle specie onde essi mondi si componevano, e
mancate quelle relazioni e quegli ordini che li governavano. Né
perciò la materia è venuta meno in qual si sia particella,
ma solo sono mancati que’ suoi tali modi di essere, succedendo
immantinente a ciascuno di loro un altro modo, cioè un altro
mondo, di mano in mano.
della fine del mondo.
Questo mondo presente, del quale gli uomini sono parte, cioè a dire l’una della specie delle quali esso è composto, quanto tempo sia durato fin qui, non si può facilmente dire, come né anche si può conoscere quanto tempo esso sia per durare da questo innanzi. Gli ordini che lo reggono paiono immutabili, e tali sono creduti, perciocché essi non si mutano se non che a poco a poco e con lunghezza incomprensibile di tempo, per modo che le mutazioni loro non cadono appena