fierissimo accidente, altri in grande tristezza d’animo, altri che
quasi non serbano alcuno amore alla vita, certissimi della
vanitá di ogni bene umano, presso che incapaci di ogni gioia,
e privi di ogni speranza, nondimeno ridere. Anzi, quanto conoscono
meglio la vanitá dei predetti beni, e l’infelicitá della
vita; e quanto meno sperano, e meno eziandio sono atti a
godere, tanto maggiormente sogliono i particolari uomini
essere inclinati al riso. La natura del quale generalmente, e
gl’intimi principi e modi, in quanto si è a quella parte che
consiste nell’animo, appena si potrebbero definire e spiegare;
se non se forse dicendo che il riso è specie di pazzia non
durabile, o pure di vaneggiamento e delirio. Perciocché gli
uomini non essendo mai soddisfatti né mai dilettati veramente
da cosa alcuna, non possono aver causa di riso che sia ragionevole
e giusta. Eziandio sarebbe curioso a cercare donde, e
in quale occasione piú verisimilmente, l’uomo fosse recato la
prima volta a usare e a conoscere questa sua potenza. Imperocché
non è dubbio che esso nello stato primitivo e selvaggio,
si dimostra per lo piú serio, come fanno gli altri animali;
anzi alla vista malinconico. Onde io sono di opinione che il
riso, non solo apparisse al mondo dopo il pianto, della qual
cosa non si può fare controversia veruna, ma che penasse un
buono spazio di tempo a essere sperimentato e veduto primieramente.
Nel qual tempo, né la madre sorridesse al bambino,
né questo riconoscesse lei col sorriso, come dice Virgilio. Che
se oggi, almeno dove la gente è ridotta a vita civile, incominciano
gli uomini a ridere poco dopo nati; fannolo principalmente
in virtú dell’esempio, perché veggono altri che
ridono. E crederei che la prima occasione e la prima causa
di ridere, fosse stata agli uomini la ubbriachezza; altro effetto
proprio e particolare al genere umano. Questa ebbe origine
lungo tempo innanzi che gli uomini fossero venuti ad alcuna
specie di civiltá; poiché sappiamo che quasi non si ritrova
popolo cosí rozzo, che non abbia provveduto di qualche bevanda
o di qualche altro modo da inebbriarsi, e non lo soglia
usare cupidamente. Delle quali cose non è da maravigliare;