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202 appendice

dell’Eneide, nella quale corrisponde alquanto sotto il mezzo del secondo libro1 «Ma Pirro risplendiente in arme, tolta una mannaia a due mani, taglia le dure porte, e li ferrati arpioni delle bandelle». Da tutte le sopraddette cose conchiuderemo, a parer mio, che la voce «ferrato» posta per «ferreo», non tanto che si debba riprendere, ma nella poesia specialmente, s’ha da tenere per una dell’eleganze della nostra lingua.

IV, 13. Quando le infauste luci
[v. 58] virile alma ricusa.

«Luci» per «giorni» sta nella Crusca veronese con un testo del Caro, al quale aggiungendo il seguente, ch’è d’uomo fiorentino, anzi fiorentinissimo, cioè del Varchi2, non sei per fare opera perduta. «Dopo atre notti, piú lucenti e belle Luci piú vago il Sol mena a le genti». Il Petrarca3 usa il singolare di «luce» per «vita». «I’ che temo del cor che mi si parte, E veggio presso il fin della mia luce».

V, 4. Ma se spezzar la fronte
[v. 64] ne’ rudi tronchi, o da montano sasso
dare al vento precipiti le membra,
lor suadesse affanno.

Il Vocabolario ammette le voci «suadevole», «suado», «suasione», «suasivo». Ma che vale? Se non porta a lettere di scatola il verbo «suadere», chi mi proscioglie dal peccato d’impurità? Non certo i Latini: di modo ch’io me ne vo dannato senz’altro; e mi terrá compagnia l’Ariosto, che nel terzo del Furioso4 disse di Bradamante: «Quivi l’audace giovane rimase Tutta la notte, e gran pezzo ne spese A parlar con Merlin, che le suase Rendersi tosto al suo Ruggier cortese». Anzi troverò fra la gente perduta anche il Bembo, capitato male per lo stesso misfatto, e che piú? fino al padre Dante, che non s’astenne dal participio «suaso». E quanto al peccato di questi due, vedi il Dizionario dell’Alberti.



  1. V. 479.
  2. Boez., lib. iii, rim. 1.
  3. Son. «Quand’io son tutto volto in quella parte».
  4. St. 64.