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accampati a modo di zingari aspettando la buona ventura di una qualche sdrucita carrozza di un povero mastro di posta che non ha sempre voglia di condur gente nelle ore sonnolente della notte. I piccoli mezzi di trasporto sono del tutto cessati, e presso le stazioni intermedie delle vie ferrate non si trovano più che i sepolcrali carrozzoni delle antichissime nostre diligenze, per le quali il viaggiatore bipede è un vero episodio e le grosse balle di merci ne sono la principale tenerezza. Queste colossali compagnie hanno saputo così bene monopolizzare il servizio che se non si aspetta genuflessi la misericordia di un qualche misero posto non si trova più modo di proseguire il viaggio. E per citare un solo esempio ci basti il dire che qualche anno fa si ritrovavano tutti i giorni dozzine di carrozze che trasportavano al dopo pranzo i viaggiatori di ritorno da Milano a Bergamo, ed ora bisogna rassegnarsi a non ripartire che di mattina, oppurre arrischiare il viaggio di notte sino a Treviglio nella speranza di trovare colà, quando si trova, un qualche mezzo di trasporto che a pericolo della vita vi conduca a Bergamo due ore dopo la mezza notte.

Noi citiamo queste strane anomalie le quali ci provano che non sempre i mezzi accresciuti e celeri di comunicazione riescono di universale vantaggio. Essi centralizzano i grandi movimenti e paralizzano i piccoli. La società si mette a correre all’impazzata ed i bisogni continui e vivi del minuto convivere sono negletti e quasi spenti. Se questo sia un civile progresso, non lo sappiamo proprio dire. Questo però affermiamo che i comodi non devono essere un privilegio, ma un beneficio universale. E forse questo beneficio verrà, quando il pungolo del guadagno avrà ridestata l’attività del piccolo speculatore che si accontenta di poco per essere utile a molti.

Un cosiffatto sbilancio ha anche funestato le menti dei poveri di spirito. Il popolo toscano che ebbe sempre il vanto di popolo gentile, ha dato in questo mese una tristissima