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324 dialogo de cecco di ronchitti

Ma. Dì mo. [Loren. cap. 2.] Na. Una1 xè de tagiar via (diselo) on pezzo d’on cercene, e que la Stella, così a no la possàn vere, per pì de[Loren. cap. 2.] mez’hora, E n’altra de anarghe sotto a piombin, caminantoghe al verso vinti dù megiari. e si el dise, que le no fà a perpuosito, sianto, che gi è a mostrare que la stella sea pì in sù de diese[Loren. cap. 5.] amegià2 e si an ello dise, che l’è on bel pezzo pì elta.

Ma. Cancaro, l’è aguzzo dal cao grosso; mo se’ l crè, sto Christian, que la stella vaghe pì in sù de diese megiari, e si an quelle reson el dise; l’è segnale que le n’hà da far con ello; perche tonca mettrele sul sò slibrazzuolo, e po dire, que le n’è a perpuosito? Ste reson le fò fatte (per quanto i disea à Pava zà buoni dì) contra on mazorente di filuorichi de Stotene, que all’hora tegnia duro, e fremo, che la n’iera pì alta de diese amegia; e perzuontena questù dal librazzuolo diea lagarle stare, que le no ghe daea fastibio.

Na. Orbentena, ghe n’è pi, disse quelù, che castrava ì porcieggi. an, sì, sì, giandussa, mo el gh’è on brutto intrigo de Prealasse, e de vere, e de Luna. que segi mi? pensate, che quellù, che lezea la disse, e si la deschiarè pi de tré botte, e si gneguno no l’intendè.

Ma. El diè haerla intrigà a posta

MaDì su.

Na. Una l’è di tagliar via (dice lui) un pezzo d’un cerchio, e che la stella così non la possiamo vedere per più di mezz’ora: e un’altra, di andarle sotto a piombo, camminandole in direzione per ventidue miglia. E così egli dice che non fanno a proposito, sendo che gli è da mostrare che la stella sia più in su di dieci miglia; e sì anche die’ egli che l’è un bel pezzo più alta.

Ma. Canchero, costui è acuto dalla parte grossa! Ma s’egli crede, questo cristiano, che la stella vada più in su di dieci miglia, e ne dice anche quelle ragioni, gli è segno che le non hanno che fare con lui: perchè dunque metterle sul suo libricciuolo, e poi dire che le non sono a proposito? Queste ragioni le furon fatte (per quanto dicevano a Padova già parecchi giorni) contro un maggiorente de’ filosofi d’Aristotele, il quale allora teneva duro e fermo che la non era più alta di dieci miglia; e per giunta costui dal libricciuolo doveva lasciarle stare queste ragioni, chè non gli davano fastidio.

Na. Or bene, ce n’è più? disse colui che castrava i porcelli. Altro che ce n’è! Nespole! e’ c’è un brutto intrigo di parallasse, e di vedere, e di Luna, che so io? Immaginati che colui che leggeva l’ha detta, e poi l’ha dichiarata più di tre volte, e pure nessuno l’intese.

Ma. E’ deve averla imbrogliata ap
3, 10, 20, 28. un — 6. caminatoghe — 12. aguzo — 26. quellà
  1. «Imperò che supponendo, che lo Cerchio molto alla Terra di circonferentia prossimo, come dieci miglia sopra di quella alto; da l’Orizonte vegna tagliato per una picciola sua portione; è manifesto, ch’essendo cotale stella così propinqua à noi, poche ore starebbe sopra l’Orizonte, e che a chi questo mutasse per poco spatio, per conto de la rotondezza de la Terra, ella si nasconderebbe, e che chi carninasse in ver’la latitudine di essa, discostandosi dal Polo per poche miglia senz’andar sotto al sagittario, la si troverebbe nel Zenith, o punto Verticale.» (Discorso, ecc., car. 4a v.)
  2. «di cose lontanissime fuori d’ogni credenza.» (Discorso, ecc., car. 10a, r.)