Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/439


29


menticate le tempeste, e non ve le rammentate che per farcene il racconto.» Il giovane tacque, fu profumato d’acqua di rose, di muschio ed essenze preziose che lo ristorarono maravigliosamente, e riaperti gli occhi, e contemplata l’amabile Scems, si credette trasportato in cielo. — Vedete,» disse alla diletta sua sposa, «vedete qual nuova vita circola nelle mie vene; più non sono arso dal fuoco che mi divorava le viscere. —

«Lo pregarono poi di raccontare come avesse trovata la strada del palazzo, e cosa avesse veduto di sorprendente in quel viaggio impreso per amore della bella Scems. Ciascuno ascoltò pieno di maraviglia la narrazione delle stupende sue avventure, e la regina ne lo ringraziò a nome di tutta la corte, dicendogli poscia: — Ora sono paghe tutte le vostre brame. Rimanete qui colla vostra sposa fin quando vi piace, un mese intero se volete; allora vi lasceremo tornare con lei in patria. —

«Si fecero grandi preparativi per celebrare nuovamente le nozze della principessa Scems. Due anni intieri durarono le feste e le allegrezze; ma finalmente Giansciah rammentò alla sposa la promessa fattagli dal re di lasciarlo tornare al padre, sotto condizione che passerebbero un anno a Kabul ed uno al palazzo di Diamanti. Allora Sceblan fece fare un ampio trono di straordinaria magnificenza, cosa che non parrà sorprendente in quelle portentose regioni, essendo noto che i semplici muri erano di smeraldi e rubini. Sui gradini di quel trono poteano capire dugento mamelucchi ed altrettante schiave. Collocatisi Giansciah e Scems sul trono, presero commiato da’ loro parenti; dugento mamelucchi con dugento giovani schiave di rara beltà; stavano in piedi davanti ad essi sui gradini del trono, che quattro geni si posero in ispalla, e poi furon visti innal-