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«Avevano già fatta gran parte della strada, allorchè l’uccello, volendo consultare la carta per vedere da qual lato dovesse dirigere il volo, la lasciò cadere in mare. Allora, più non sapendo qual direzione prendere, calò a terra precisamente nel sito in cui faceva la sua residenza il vicerè de’ quadrupedi, il quale gli diede le indicazioni necessarie; ma Giansciah trovandosi in terra, più non volle traversare gli spazi aerei. — Lasciatemi morir qui,» disse; «più non sento alcun desiderio di tornare alla mia patria.» Sciah Bedui (era il nome del re de’ quadrupedi che li governava in nome di Salomone) pregò il principe a raccontargli le sue avventure, e ne ascoltò la narrazione con maraviglia; indi: — Io ti giuro,» gli disse, «di non aver mai udito parlare del palazzo di Diamanti; ma non disperare tuttavia di rinvenirlo. Vi sono qui alcune tavole che contengono la grammatica ed un dizionario della lingua de’ quadrupedi. Studiali, affine di poter più facilmente interrogare quegli animali, quando verranno a farmi l’annua loro corte.—

«Vennero i quadrupedi, secondo l’uso, a render omaggio al loro re; ma niuno d’essi aveva udito parlare del palazzo di Diamanti, e Giansciah cadde nell’ultima disperazione. Sciah Bedui lo scongiurò a frenare il pianto, e gli disse che suo fratello primogenito, potente re de’ geni, e che aveva anzi voluto ribellarsi contro Salomone, potrebbe forse dargliene qualche notizia soddisfacente. Gli consegnò pertanto lettere di raccomandazione, ed indicatagli la strada che doveva percorrere, lo fece montare sur un animale robusto e lo mandò a Scimer, suo fratello maggiore. Questo re si fece narrare tutta la storia di Giansciah, e quando il principe ebbe finito il racconto, Scimer gli disse: — Figliuolo, io non ho mai udito parlare di questo palazzo, e dubito assai che neppure lo stesso Salomone lo conosca. Ma ho un eremita che