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«— Ah!» ripigliai, «se il cuor vostro è una roccia, non devo dunque disperare d’estinguere l’ardente mia sete; poichè Iddio fece altre volte scaturire una sorgente d’acqua viva da un sasso.»


«Que’ versi fecero sorridere le giovinette, che se ne dilettarono. Mangiati poi alcuni frutti, addormentaronsi sul margine della vasca, e la mattina appresso, riprese le vesti di penne di colomba, sparvero agli occhi di Giansciah, che rimase inconsolabile.

«Frattanto lo sceik Nassr cercava il principe per confidarlo agli uccelli che gli voleva dare per guida, e non trovandolo, non dubitò non avesse disubbidito ai suoi ordini, aprendo la porta vietata. Proseguite dunque le sue ricerche, lo trovò infine steso sul trono, quasi inanimato ed immerso nella massima disperazione. Nassr prese dell’acqua nel cavo della mano, e gettatala in volto al principe per farlo tornare in sè, questi, riaperti gli occhi, volse da tutte le parti lo sguardo, e vedendosi solo collo sceik, esalò il fuoco della sua passione nei versi seguenti:


«Una beltà, dotata della più seducente taglia, m’ha rapito il cuore. «I suoi labbri di porpora fanno invidia al rubino, e la nera sua chioma vela l’abbagliante candidezza delle sue spalle.

«Le sua sopracciglia sono archi che scoccano dardi, producenti inevitabili e profonde ferite.

«Oh bellezza senza rivali! o vita che vince tutta le vite dell’India,»


«— Figlio,» gli disse lo sceik, «non vi aveva io proibito di aprire quella porta? Non vi aveva prevenuto che ve ne sareste pentito? Non mi voleste credere. Nondimeno, ditemi cosa vi è accaduto, e vedremo se v’ha mezzo di lenire il vostro dolore.» Giansciah gli narrò la sua avventura colle giovani vestite da colombe. — Sono,» dissè il vecchio, «figlie di geni che vengono qui una volta all’anno per sol-