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portare una lettera al fortunato suo vincitore. Il giovane, avendo spesso udito far l’elogio della figlia del visir, fu lieto d’averle potuto piacere, ed il suo giubilo non ebbe più limiti quando la mattina appresso l’ebbe veduta e rimirata attraverso le gelosie del suo balcone. I nostri due amanti si misero in corrispondenza, ed ogni giorno e ogni ora trovavano i loro messaggeri in viaggio. In breve, quella tenera corrispondenza più non bastò ai loro cuori, e vollero vedersi. Ma il biglietto che stabiliva il luogo ed il tempo dell’abboccamento, fu perduto dalla confidente incaricata di consegnarlo, e portato al visir. Sdegnato per l’onore della propria casa, egli mandò nella stessa notte, la figliuola ad un suo castello, situato in un’isola che sorgeva in mezzo a certo lago circondato da boschi impenetrabili.

«La sfortunata Vird-al-Ikmam fu costretta all’obbedienza; ma prima di partire, trovò mezzo di vergare sull’esterno del verone queste parole; — Parto per la terra d’esilio; il mio cuore ed i miei pensieri restano con te.» La mattina seguente, recatosi l’amante, secondo il solito, sotto le finestre, colla speranza di vedere la diletta, gli si offrì allo sguardo il detto fatale, e smarrì per alcuni istanti ogni sentimento. Tornato in sè, appigliossi al partito di lasciare la corte, benchè fosse il principale favorito del principe, e di andar in cerca della cara amante. Coperto d’un abito di dervis, abbandonò la sera medesima la città, raccomandandosi alla Provvidenza, e partì senza saper dove dirigere i passi. Camminò più settimane di seguito, ma nulla indicavagli che fosse sulle tracce della sua cara Vird-al-Ikmam. Un giorno, attraversando una foltissima selva, si vide d’improvviso davanti un enorme leone, al quale eragli impossibile di fuggire. Rivolte al cielo alcune preci per la felicità della diletta, pronunciò l’atto di fede del martirio, e, rassegnato al