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«Isfehend, per impedire al re di sospettare del suo disegno, gli scrisse nello stesso tempo una lettera di questo tenore:

«Io sono uno dei vostri mamelucchi, uno dei vostri schiavi; anche mia figlia era vostra; potevate disporne a vostro talento. Che l’Altissimo conservi i vostri giorni, e vi accordi ogni sorta di piaceri e soddisfazioni! Io fui sempre pronto a servirvi, e difendere le province del vostro impero, respingendo i vostri nemici; raddoppierò ormai di zelo e d’ardore: i vostri interessi sembrano divenuti i miei, dacchè mia figlia è diventata vostra sposa.»

«Questa lettera era accompagnata da un ragguardevol regalo; Azadbakht fu assai contento della lettera e del presente, e da quel punto non pensò che ai piaceri ed alla voluttuosa vita.

«Il gran visir di Azadbakht, più attento a ciò che avveniva, venne un giorno ad informarlo che Isfehend era assai malcontento del modo ond’erasi fatto il matrimonio di sua figlia, e tendeva segretamente a ribellarsi. Il re, per unica risposta, gli fece leggere la lettera d’Isfehend. Il gran visir ebbe bel rappresentargli che non bisognava badare a quello scritto, e che le sommissioni in essa contenute erano false come la soddisfazione che vi voleva mostrare Isfehend. Azadbakht non ascoltò le sue parole, e continuò ad abbandonarsi ai piaceri ed ai divertimenti d’ogni sorta.

«Frattanto Isfehend scrisse, senza perder tempo, a tutti gli emiri, raccontò loro l’affronto ricevuto dal re, impossessandosi a viva forza di sua figlia, e fece temer loro ch’ei non si portasse anche contro di essi a maggiori violenze.

«Giunte le lettere del visir in tutte le province, gli emiri radunaronsi presso di lui, ed udito dalla sua bocca il racconto di quanto era accaduto a sua figlia, risol-