Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/609


195

zienza. Lo trovò a letto, malato secondo il solito, e circondato da buon numero d’amici e da alcuni medici, che impiegavano tutti i lumi dell’arte per discoprire la cagione del suo male. Appena egli scorse Ebn Thaher, lo guardò sorridendo, per dimostrargli due cose a un tempo: l’una, che si compiaceva di vederlo; l’altra, quanto i medici, che non potevano indovinare il motivo della sua malattia, s’ingannassero ne’ loro ragionamenti.

«Ritiraronsi tutti gli amici ed i medici, di modo che Ebn Thaher rimase solo coll’ammalato, ed accostatosi al letto, gli chiese come stesse da quando non l’aveva veduto. — Vi dirò,» rispose il principe, «che il mio amore, il quale continuamente acquista nuove forze, e l’incertezza del destino dell’amabile Schemselnihar, accrescono ogni momento il mio male, e mi mettono in una condizione che affligge i miei parenti e gli amici, e sconcerta i medici, che non ci comprendono nulla. Non potreste credere,» soggiunse, «quanto soffra vedendo tante persone che m’importunano, e non posso civilmente congedare. Voi siete il solo, la cui compagnia sento che mi reca sollievo; ma insomma, non mi dissimulate cosa alcuna, ve ne scongiuro. Quali notizie mi recate voi di Schemselnihar? Avete veduto la sua confidente? che cosa vi ha essa detto?» Rispose Ebn Thaher di non averla veduta; e non ebbe appena data al principe sì trista novella, che gli spuntarono le lagrime dagli occhi; nè pote replicare una sola parola, tanto sentivasi oppresso il cuore. — Principe,» ripigliò allora Ebn Thaher, «permettetemi di dirvi che siete troppo ingegnoso a tormentarvi. In nome di Dio, asciugate le lagrime; qualcuno de’ vostri può entrare in questo momento, e voi sapete con quanta cura nasconder dovete i vostri sentimenti, che potrebbero così essere indovinati. Ad onta di quanto seppe dire quel giu-