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a far mente alla sua azione; e siccome colei gli stava vicino: — Ascoltate,» le disse, «e fatemi la grazia di accompagnare col vostro liuto la canzone che intenderete.» Cantò allora un’aria le cui patetiche ed appassionate parole esprimevano al tutto la violenza del proprio amore. Quand’ebbe finito, Schemselnihar, seguendone l’esempio, disse ad una delle sue donne: — Ascoltate me pure, ed accompagnate la mia voce.» Nel tempo stesso cantò in maniera che non fece se non viepiù accendere il cuore del principe di Persia, il quale le rispose con un’altra arietta più appassionata di quella di prima.

«Essendosi così i due amanti, per mezzo delle loro canzoni, dichiarata la reciproca tenerezza, Schemselnihar cedette alla forza della sua. Alzatasi dal trono tutta fuor di sè, si avanzò verso la porta della sala, mentre il principe, il quale ne comprese il pensiero, si alzò tosto anch’egli, e corse precipitosamente alla di lei volta. Incontraronsi sulla porta, ove, porgendosi la mano, si abbracciarono con tal piacere, che svennero, e sarebbero caduti, se le donne che seguito avevano Schemselnihar, non li avessero sorretti, trasportandoli a giacere sur un sofà, ove li fecero rinvenire spruzzandoli d’acqua odorosa, e facendo fiutar loro parecchie sorta di profumi.

«Ripigliati ch’ebbero i sensi, Schemselnihar, per la prima cosa, cominciò a guardare da tutte le parti; e non vedendo Ebn Thaher, chiese con premura ove fosse. Erasi questi tratto in disparte per rispetto, mentre le donne occupavansi a soccorrere la padrona, e temeva fra sè con ragione qualche dispiacevole conseguenza di ciò che aveva veduto. Inteso che Schemselnihar lo domandava, si avanzò, e presentatosi a lei...»

La sultana delle Indie cessò qui di parlare, e la domane proseguì di tal guisa: