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Il giorno che cominciava ad apparire, non permise a Scheherazade di continuare per quella notte; ma la susseguente ripigliò la parola in questi sensi:


NOTTE CXLIX


— Sire, il mercadante di Bagdad finì di raccontare così la sua storia:

«Non solo le dame m’applicarono sulle piaghe la radice che ho detto per istagnarne il sangue, ma vi sparsero pure un po’ di balsamo della Mecca, che non poteva sospettarsi falsificato, avendolo preso nella farmacia del califfo. In virtù di quel balsamo mirabile fui perfettamente guarito in pochi giorni, e dimorammo insieme, mia moglie ed io, nella medesima unione, come se non avessi mai mangiato intingolo d’aglio. Ma siccome aveva sempre goduto della mia libertà, m’annoiai infine di starmene chiuso nel palazzo del califfo; tuttavia, non voleva dimostrarlo alla mia sposa per timore di dispiacerle. Se ne avvide essa però, e non desiderava meglio anch’essa quanto di uscirne, che la sola gratitudine la tratteneva presso Zobeide. Ma aveva spirito, e seppe sì ben rappresentare alla sua signora la violenza ch’io mi faceva di non poter vivere in città colle persone della mia condizione, come sempre aveva fatto, che quella buona principessa preferì privarsi del piacere di tener presso di sè la sua favorita, che non accordarle quanto entrambi desideravamo.

«Un mese adunque dopo il nostro matrimonio, vidi comparire la mia sposa con parecchi eunuchi, ciascuno de’ quali portava un sacco di danaro. Quando si furòno allontanati: — Voi non mi esternaste nulla,» dissemi, «intorno alla noia che vi reca il soggiorno