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tello, escluso da ogni diritto d’eredità per le leggi dell’impero, e costretto a vivere come un semplice privato, invece di palesarsi invidioso della fortuna del maggiore, pose ogni studio a cattivarsene il favore; nè molto costògli a riuscirvi. Schahriar, già per natura incline ad amarlo, fu assai commosso dalla di lui compiacenza, e tanta stima ne concepiva, che volle farlo partecipe de’ suoi domini, affidandogli il governo della Grande Tartaria. Schahzenan andò tosto a pigliarne possesso, fissando dimora a Samarcanda, capitale del regno.

Erano già dieci anni che i due re vivevano così lontani l’un dall’altro, quando Schahriar, bramando vivamente di rivedere il fratello, risolse spedirgli un ambasciatore che lo invitasse alla propria corte, ed incaricò di tal missione il suo primo visir1, che frettolosamente si pose in via con nobilissimo corteo. Giunto ch’ei fu vicino a Samarcanda, Schahzenan, saputone l’arrivo, gli mosse incontro coi principali signori della sua corte, tutti splendidamente vestiti, onde meglio onorare il ministro del sultano. Il re di Tartaria lo accolse colle maggiori dimostrazioni di gioia, e tosto chiesegli nuove del caro fratello; il visir, appagatolo, espose quindi la causa della sua ambasciata, a cui Schahzenan, commosso: — Saggio visir,» rispose, «il sultano mio fratello troppo m’onora, nè poteva propormi cosa più di questa gradita. S’ei desidera vedermi, io pure ardentemente lo bramo, chè se il tempo inconcussa mi serbava la sua amicizia, neppur la mia scemò. Il mio regno è tranquillo, e chieggo soltanto dieci giorni per fare i preparativi necessarii alla partenza; pel qual breve tempo parmi inutile che entriate nella

  1. Primo ministro. Il distintivo della sua dignità è il suggello dell’impero, che il sultano gli consegna investendolo dell’impiego.