Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/134


118



NOTTE XXXIII


Un’ora prima di giorno, Scheherazade continuò a narrare ciò che accadde fra le dame ed i calenderi:

— Avendo i calenderi mangiato e bevuto a sufficenza, esternarono alle dame che si farebbero un vero piacere di dar loro un concerto, se esse avessero strumenti in casa. Accettata con gioia l’offerta, la bella Safia si alzò e andò in persona a prenderli; tornata poco dopo, presentò loro un flauto del paese, un flauto persiano ed un tamburello. Ciascun calendero ricevette dalla mano di lei lo strumento che gli piacque di scegliere, e cominciarono tutti e tre a suonare un’aria. Le dame, le quali sapevano alcune strofe su quella musica, che era delle più gaie, l’accompagnarono colle voci; ma di tanto in tanto interrompevansi con grandi scoppi di risa, provocati dalle parole. Nel più bello del divertimento, e quando la brigata era nella maggior allegria, si udì bussare di nuovo alla porta. Safia, cessando dal canto, andò a vedere chi fosse.

«Ma sire,» disse in questo punto Scheherazade, «fa d’uopo che vostra maestà sappia perchè si bussasse sì tardi alla porta delle dame: eccone il motivo. Il califfo Aaron-al-Raschid era solito girare di frequente alla notte incognito, per sapere in persona se tutto nella città fosse tranquillo, e se non vi si commettessero disordini. Quella notte era il califfo uscito di buon’ora, accompagnato da Giafar1, suo gran

  1. Giafar, della famiglia de’ Barmecidi, favorito di Aaron Alrascid, di cui aveva sposata la sorella Abassa, a condizione che non fruissero degli amorosi piaceri. L’ordine fu in breve