Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/106


90

bastano a persuadervi della mia sincerità, son pronta a darvene di maggiori; non avete che a comandare; voi conoscete il mio potere. Se lo bramate, prima che si levi il sole, cangerò questa grande città e questo bel palazzo in orribili ruine, non abitato che da lupi, corvi e pipistrelli. Volete ch’io trasporti tutte le pietre di queste robustissime mura oltre il Caucaso e fuor dei confini del mondo abitato? Dite una parola, e tutti questi luoghi cangeranno aspetto.

«Mentre la regina finiva tai detti, ella ed il suo amante, trovandosi all’estremità del viale, si volsero per entrare in un altro, e mi passarono davanti. Io aveva già sguainata la sciabola; ed essendo l’uomo dalla mia parte, lo percossi sul collo, e lo rovesciai a terra; certo d’averlo ucciso, mi ritirai sollecito senza farmi conoscere alla regina, che volli risparmiare per essere mia parente.

«Mortale era il colpo da me portato al suo drudo; ma ella gli conservò poi la vita a furia d’incantesimi, in modo però da potersi dire di lui che non è morto, nè vivo. Attraversando il giardino per tornare al palazzo, intesi la regina mandare orribili strida; giudicando da ciò del suo dolore, fui contentissimo d’averla lasciata in vita. Rientrato nel mio appartamento, mi ricoricai soddisfatto di aver così punito il temerario che avevami offeso, m’addormentai, e svegliandomi la domane, trovai la regina al mio fianco....»

Scheherazade fu costretta a fermarsi, vedendo apparire il giorno. — Buon Dio, sorella,» disse allora Dinarzade, «sono assai dolente che tu non possa dire di più. — Sorella,» rispose la sultana, «dovevi destarmi più presto; è tua colpa. — Spero di ripararla la prossima notte,» replicò Dinarzade; «giacchè non dubito che il sultano non abbia minor desiderio di me d’udire il fine di questa storia, e così mi lusingo ch’egli avrà la bontà di lasciarti vivere ancora sino a domani.»