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— Quanto incostante è la fortuna,» sclamò. «Ella si compiace a deprimere gli uomini che aveva innalzati; ove sono coloro che godano tranquillamente d’una felicità che a lei debbono, ed i cui giorni siano sempre puri e sereni?» Il sultano, commosso al vederlo in quello stato, lo pregò istantemente di palesargli il motivo di sì gran dolore. — Aimè! signore,» rispose il giovine, « come potrei non essere afflitto, e qual mezzo farà sì che i miei occhi cessino dal versare rivi di lagrime....?» A tali parole avendo alzata la veste, fe’ vedere al sultano che non era uomo se non dalla testa alla cintura, e che l’altra metà del corpo era di marmo nero....»

Qui Scheherazade sospese il suo discorso per far osservare al sultano delle Indie che il giorno già compariva. Schahriar era sì maravigliato di quanto aveva udito, e tanto si sentì intenerito in favore di Scheherazade, che risolse di lasciarla vivere per un mese. Nondimeno si alzò secondo il solito, senza parlarle della presa risoluzione.


NOTTE XXII


Dinarzade aveva tanta impazienza di sentire il seguito della novella della notte precedente, che chiamò la sultana assai per tempo, supplicandola di continuare il maraviglioso racconto. — Sono ad esaudirti,» rispose Scheherazade; «ascoltami.

«Già v’immaginate,» proseguì essa, «che il sultano rimase singolarmente attonito quando vide il deplorabile stato in cui trovavasi quel giovane. — Ciò che mi faceste vedere,» gli disse, «ispirandomi orrore, eccita in pari tempo la mia curiosità; ardo di conoscere la vostra storia, che dev’essere certo molto strana; ed essendo persuaso v’abbiano qual-