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Io ascoltai con molto mal garbo questa infilzata d’improperi che, secondo me, chiarivano anche troppo la verità di quanto Giulio Dei Ponte mi aveva raccontato il giorno della festa per la Beauharnais. E la Pisana non si vergognava di confessare sfacciatamente la propria scostumatezza; e non si accorgeva del dolore che mi avrebbe recato la sua importuna sincerità. Io mi mordeva le labbra, mi rosicchiava le unghie, e rimproverava la Provvidenza che non mi avesse fatto sordo come Martino.

— Sì, — tirava innanzi ella — mi pento e mi vergogno di quel poco di fede che aveva riposto in lui. Credeva che i Còrsi fossero animosi e gagliardi, ma vedo che Rousseau aveva torto di aspettarsi dalla loro schiatta qualche grande esempio di fortezza e di sapienza civile!...

— Rousseau, Rousseau! — pensava io. — Queste filippiche e queste citazioni m’infastidivano; avrei voluto giungere alla fine e saperla tutta senza tante virgole; laonde mi dimenava sui cuscini e pestava un po’ i piedi, presso a poco alla maniera d’un ragazzo ch’è stufo della predica.

— Cosa gli chiedeva io? cosa pretendeva da lui? — riprese con maggior impeto la Pisana — forse cose soprannaturali, o impossibili, o vili?... Non gli chiedeva altro che di farsi il benefattore dell’umanità, il Timoleone della mia patria!... Voleva renderlo l’idolo, il padre, il salvatore d’un popolo intero; e in aggiunta a questo dono gli prometteva anche il mio cuore, tutto quello ch’egli avrebbe voluto da me... Codardo, scellerato!... E mi si inginocchiava dinanzi, e giurava e spergiurava d’amarmi più della sua vita, più del suo Dio!... Oh cosa credeva? ch’io volessi offrirmi al primo capitato, pei suoi begli occhi, pei suoi lucenti spallini?... S’accontenti allora di portare impressi sul viso i segni d’uno schiaffo di donna. Già dove non ci sono uomini, tocca proprio alle donne.