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capitolo secondo. 65

tempo mattutino è più propizio alla serenità dello spirito, e che in esso anche le nature più artifiziose ritrovano qualche sospiro di semplicità e di rettitudine. Col crescer del giorno le abitudini e i rispetti umani ci signoreggiano sempre più; e verso sera e a notte inoltrata si osservano le smorfie più grottesche, i discorsi più bugiardi, e gli assalti più irresistibili delle passioni. Forse sarà anche per questo, che le ore del giorno si vivono più comunemente all’aria aperta, nella quale gli uomini si sentono meno schiavi di se stessi e più obbedienti alle leggi universali di natura, che non sono mai pessime. Non dirò peraltro che la Pisana mutasse, anche standosi da sola con me, le sue maniere di moversi, di parlare. M’accorgevo benissimo che ella apprezzava più assai la mia ammirazione che l’amicizia o la confidenza; e che per quanto ristretto ed abituale, io non cessava di esser per le sue pantomime una specie di pubblico. Tuttavia doveva scrivere che me n’accorsi poi, non che me n’accorgeva allora. Allora io godeva di quei soavi intervalli, stimando anzi che quella Pisana così premurosa di essermi gradita, fosse la vera; e fossero effetto della trista compagnia i cambiamenti che succedevano nelle sue maniere durante la giornata. All’ora di messa (era monsignor Orlando che la celebrava nella cappella del castello) tutta la famiglia, padroni, servi, fattori, impiegati ed ospiti, si raccoglieva nei banchi destinati alla varia autorità delle persone. Il signor conte occupava solo nel coro un genuflessorio rimpetto alla cattedra del celebrante; e là riceveva con molta gravità i saluti di monsignore quando usciva o rientrava; nonchè le tre profumate d’incenso se la messa era cantata. Nelle benedizioni solenni, o negli Oremus il celebrante non si dimenticava mai di benedire e nominare con un profondo inchino l’eccellentissimo e potentissimo signor juspatrono e giurisdicente; e questi allora volgeva in tutta

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