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48 le confessioni d’un ottuagenario.

bambine, ma nascer donne belle e fatte, col germe in corpo di tutti i vezzi e di tutte le malizie possibili. Non era sera che prima di coricarmi io non mi curvassi sulla culla della fenciulletta per contemplarla lunga pezza; ed ella stava là coi suoi occhioni chiusi e con un braccino sporgente dalle coltri, e l’altro arrotondato sopra la fronte come un bell’angelino addormentato. Ma mentre io mi deliziava di vederla bella a quel modo, ecco ch’ella socchiudeva gli occhi e balzava a sedere sul letto dandomi dei grandi scappellotti, e godendo avermi corbellato col far le viste di dormire. Queste cose avvenivano quando la Faustina voltava l’occhio, o si dimenticava del precetto avuto, poichè del resto la contessa le aveva raccomandato di tenermi alla debita distanza della sua puttina, e di non lasciarmi prender con lei eccessiva confidenza. Per me vi erano i figliuoli di Fulgenzio, i quali mi erano abbominevoli più ancora del padre loro, e non tralasciava mai occasione di far loro dispetti; massime perchè essi si affaccendavano di spifferare al fattore che mi avevano veduto dar un bacio alla contessina Pisana, e portarmela in braccio dalla greppia delle pecore fino alla riva della Peschiera. Per altro la fanciulletta non si curava al pari di me delle altrui osservazioni, e seguitava a volermi bene, e cercava farsi servire da me nelle sue piccole occorrenze, piuttostochè dalla Faustina o dalla Rosa che era l’altra cameriera, la donna di chiave che or si direbbe guardarobe. Io era felice e superbo di trovar finalmente una creatura cui poteva credermi utile; e prendeva un certo piglio d’importanza quando dicevo a Martino: — Dammi un bel pezzo di spago che debbo portarlo alla Pisana! — Così la chiamava con lui; perchè con tutti gli altri non osava nominarla se non chiamandola la contessina. Queste contentezze peraltro non erano senza tormento, poichè pur troppo si verifica così nell’infanzia come nell’altre età il