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474 le confessioni d’un ottuagenario.

voltavano contro, minacciando di appiccar fuoco alla casa s’egli non obbediva al nuovo Avogadore.

— Sissignori, si ritirino loro, mandino di sopra il signor Avogadore... e ce la intenderemo fra noi. —

La folla tumultuava senza sapere il perchè, e già molti dei curiosi se l’erano cavata, e alcuni fra i contadini, stanchi di quella commedia, avevano ripreso il cammino verso casa. Per me io non sapeva in qual mondo mi fossi, perchè mi avessero nominato Avogadore, e qual costrutto dovesse avere l’abboccamento cui m’invitava il vice-capitano. Ma mi piaceva quell’essere diventato uomo di rilievo, e tutto sacrificai alla speranza della gloria.

— Apra, apra le porte!..... Lasci entrar l’Avogadore! — gridava la folla.

— Signori miei, — rispose il capitano — ho moglie e figliuoli, e non ho voglia di farli morire dallo spavento... Aprirò le porte quando loro si sieno allontanati... Veggono che non ho tutto il torto... Patti chiari e amicizia lunga! —

La gente non se la sentiva di allontanarsi, ed io tra perchè era stanco di stare a cavallo, tra perchè mi tardava l’ora di trattar da paro a paro con un vice-capitano, mi accinsi a persuadernela.

— Cittadini, — presi a dire — vi ringrazio; vi sarò grato eternamente! Sono commosso ed onorato da tanti contrassegni d’affetto e di stima. Tuttavia il signor vice-capitano non ha torto. Bisogna dimostrargli confidenza perch’egli si fidi di noi... Sparpagliatevi, state tranquilli... Aspettatemi in piazza... Intanto io difenderò le vostre ragioni...

— Viva l’Avogadore!... Bene! benissimo!... in piazza in piazza!... Vogliamo che si apra il granaio della podesteria!... Vogliamo la cassa del dazio macina!... Quello è il sangue dei poveri!...

— Sì, state tranquilli... fidatevi di me!... giusti-