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monsignore; ed io sempre col mio cavallo fui spinto e tirato fin dinanzi all’Episcopio.

— Parli il signor Carlino! — Fuori monsignore! — Fuori monsignor vescovo! —

Si vede che la mia parlata, senza ottenere un effetto decisivo sottomettendoli in tutto e per tutto ai decreti della Provvidenza, li aveva almeno persuasi a confidare nel suo legittimo rappresentante. Ma nell’Episcopio intanto non si stava molto tranquilli. Preti, canonici e curiali ognuno dava il suo parere, e nessuno avea trovato quello che facesse veramente all’uopo. Il padre Pendola, che vacillava da un pezzo sul suo trono, credette opportuno il momento per saldarvisi meglio. Deliberato di tentare il gran colpo, egli tese una mano al di dentro in segno di fidanza, indi aperse coraggiosamente la vetriera, e uscito sul poggiuolo, sporse mezza la persona dal davanzale. Una salva di urli e di fischiate salutò la sua comparsa: lo vidi balbettar qualche parola, impallidire e ritirarsi a precipizio, quando le mani della folla si chinarono a terra per cercar qualche ciottolo. Monsignore di Sant’Andrea giubilò sinceramente di quello smacco toccato all’ottimo padre; e con lui tutti dal primo all’ultimo fecero eco dal fondo del cuore agli urli e alle fischiate della folla. Il vescovo, ch’era un sant’uomo, guardò pietosamente il suo segretario, ma gli era da un pezzo che aveva in animo di congedarlo appunto perchè era un santo, e se non lo ringraziò dell’opera sua lì sui due piedi anche questo fu effetto di santità. Egli si volse con faccia serena a monsignor di S. Andrea, pregandolo a volersi fare interprete dei desiderii di quel popolo che tumultuava. Io guardava sempre al solito poggiuolo, e vidi comparirvi alla fine la figura sinodale del canonico; nessun fischio, nessun urlo alla sua comparsa; un bisbiglio di zitti, zitti, un mormorio di approvazione e nulla più.

— Fratelli,— cominciò egli — monsignor vescovo vi do-