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390 le confessioni d’un ottuagenario.

Carlino, non è ragione bastevole! Causa lontana non affligge tanto come causa vicina. Via, non arrossite ora; io non dirò nulla, vi consiglio da buon amico, da padre, e nulla più. Siete senza famiglia, non avete alcuno che vi ami, che vi diriga; io voglio adottarvi per figliuolo, e soccorrervi con quel lume di coscienza che il Signore mi ha concesso. Fidatevi di me, e provate: non vi domando altro. Bisogna che partiate di qui; che partiate non solamente colle gambe, sibbene anche coll’animo. Per tirar poi l’animo con voi, avete già indovinato il modo. Piegarlo alla retta conoscenza e all’operosa osservanza dei propri doveri. Avete detto benissimo; i dolori si contano col cervello, e io aggiungerò col cuore, non già colle dita della mano. Bisognerà dunque occupare oltre la mano anche il cervello ed il cuore.

— Padre, — balbettai veramente intenerito: — parlate, io v’ascolto con vera fede; e mi proverò d’intendere e di ubbidire.

— Uditemi, — riprese egli: — voi non avete obblighi di famiglia, e il debito della riconoscenza verso chi v’ha fatto del bene è saldato presto da chi non può pagarlo con altro che con la gratitudine dell’affetto. Da questo lato i vostri doveri non vi darebbero l’occupazione di un minuto, se non fosse collo spingervi allo studio secondo l’intendimento dei vostri benefattori. Ma non basta. Così si occuperebbe il cervello; il cuore rimane ozioso, tanto più che la famiglia in cui foste allevato non ha saputo educarvelo a suo profitto. No, non vergognatevi, Carlino. È certo che voi non potete esser legato coll’amor del figliuolo al signor conte e alla signora contessa, che appena è se seppero farsi amare come genitori dalla lor prole vera. I beneficii non obbligano tanto quanto il modo di porgerli, massime poi i fanciulli. Non vergognatevene dunque. È così, perchè così doveva essere. Quanto allo sforzarvi ora,