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354 le confessioni d’un ottuagenario.

L’umiltà di questo diede maggior rilievo alle esclamazioni episcopali; e venuto a morte il segretario d’allora, vi furono preti d’ambidue i partiti, clausetani e bassavoli, che supplicarono presso il Frumier perchè egli inducesse il padre ad accettare quel posto. Con ciò ognuno sperava d’insediare più saldamente che mai nell’episcopio il proprio partito. Il Frumier ne parlò al padre; questi fece il ritroso, rifiutò la corona come Cesare, ma si lasciò incoronare come Augusto; ed eccolo diventar segretario del vescovo, e colla sua destrezza e co’ suoi maneggi padrone a dir poco d’una diocesi. Si aspettavano grandi cose; ma tutti pel momento furono gabbati; tutti peraltro erano contentissimi perchè speravano nel futuro e nelle grandi promesse del padre.

Egli era da poco installato nella sua nuova dignità, quando il piovano di Teglio me gli presentò nella sua canonica, ove il vescovo faceva visita. Gli piacqui, bisogna dire, e mi promise d’interessare a mio favore il senatore Frumier. Questi infatti godeva il diritto di nomina ad un posto in un collegio gratuito per gli studenti poveri presso l’Università di Padova: ed essendo quel posto vacante, lo destinò a me pel venturo novembre. Si lamentò anzi col cognato, perchè non gli parlasse prima del mio caso, che vi avrebbe provveduto con tutto il cuore. Ma il beneficio veniva a tempo, ed io ne ringraziai fervidamente tanto il mio mecenate che l’utile intercessore. Per allora non ci vedeva più in là, e non avea imparato a far saltar la moneta sulla tavola per provare se era buona.

Del resto io non era malcontento di cambiar paese. La Pisana, dopochè Lucilio era partito e il Venchieredo aveva abbandonato la loro casa, faceva l’occhiolino a Giulio Del Ponte, e sul serio questa volta, perchè l’aveva i suoi quindici anni, e ne mostrava e ne sentiva forse diciotto. Fu appunto in quel torno, che per isvagarmi da tanto crepacuore